Una nuova censura nei confronti dei social network e di internet arriva questa volta dalla laica Turchia. E’ una corte di Golbasi, nella periferia della capitale Ankara, ad ordinare la censura di alcune pagine su Facebook contenenti, a suo dire, frasi ingiuriose al profeta Maometto. A comunicare la notizia è stata la stampa turca. E’ la seconda volta che la magistratura turca impone la censura su pubblicazioni considerate offensive alla religione islamica. Il precedente si era avuto il 14 gennaio scorso quando un tribunale di Diyarbakir, nella regione del Kurdistan turco, aveva deciso di bandire le vignette di Charlie Ebdo, all’indomani della strage di Parigi.
La decisione, adottata su richiesta della procura, è stata trasmessa all’autorità delle telecomunicazioni Tib, nominata dal governo islamico di Ankara. Ma questo provvedimento è solo l’ultimo di una lunga serie di atti che hanno minato fortemente la libertà di espressione nel paese. Risale solo una settimana fa la presentazione di un provvedimento che potrebbe segnare una svolta, in negativo, nel mondo della comunicazione. Il partito tradizionalista Akp del presidente Recep Tayyip Erdogpan, movimento politico di destra che ha ottenuto una larga vittoria nelle elezioni e che in Parlamento ha la maggioranza assoluta, ha proposto che il primo ministro possa censurare una pagina o un sito internet senza che sia necessaria la decisione di un tribunale.
Il destino di una pagina Facebook è, quindi, è nei fatti in mano alla discrezione del politico di turno. In arrivo centinaia di possibili ban per siti e pagine che possano ledere l’immagine del profeta Maometto. “Insultare il profeta non può rientrare nella libertà di espressione dei media – ha dichiarato l’avvocato turco – Ercan Ezgin, nella denuncia alla base della sentenza di sequestro. Questo fumetto provoca miliardi di musulmani – aggiunge- perché non dovrebbe mai essere consentito raffigurare il nostro profeta come se stesse piangendo”.