The Pokémon Company International, in occasione del suo ventesimo anniversario, ha annunciato i due nuovi titoli della serie di videogame più amata al mondo: Pokémon Sole e Pokémon Luna, attesi per novembre 2016. I giochi in questione introdurranno il cinese tradizionale e semplificato per favorire la distribuzione in Cina e Taiwan.
Questa novità non è stata molto gradita dai cinesi, che criticano Pokémon Sole e Luna, accusandoli di non rispettare i ricordi dei fan, dato che finora qualsiasi pubblicazione Pokémon è stata tradotta in maniera differente per adattarsi al meglio alle tradizioni del luogo.
L’azienda ha cambiato anche il nome del personaggio simbolo dei Pokémon: Pikachu, finora conosciuto in Cina come 比卡超 che si pronuncia Bei-kaa-chyu, e trasformato in 皮卡丘 ovvero Pikaqiu.
Un cambiamento così sgradito che la mattina del 30 maggio 2016, centinaia di persone hanno protestato presso il Consolato Generale del Giappone a Hong Kong, chiedendo a Nintendo la traduzione in cantonese per i nuovi giochi in arrivo, spiegando che “Nintendo dovrebbe rispettare la nostra cultura locale. La nostra lingua e la nostra cultura sono minacciate dal governo di Pechino, dal mandarino e dal cinese semplificato; temiamo che il cantonese possa scomparire”, promettendo inoltre di boicottare Nintendo in caso di mancata risposta affermativa alla loro richiesta.
Per Nintendo l’unificazione tramite la traduzione cinese è solo una decisione commerciale, ma per gli attivisti di Hong Kong, tuttavia, la lingua è anche politica. Le ragioni, come ha anche segnalato la Bbc, vanno ben oltre i nomignoli dei mostri tascabili, ma riguardano un’identità distinta nel macrocosmo della grande Cina. Un portavoce del gruppo di protesta ha commentato la vicenda su Facebook: “Sappiamo bene che Nintendo ha scelto di unificare i nomi per questioni di semplicità comunicativa e di pubblicità, ma la mossa ignora molti giocatori. Speriamo che il mercato di Hong Kong possa essere preso sul serio e trattato con rispetto”.
I cittadini temono che questo cambiamento aiuti un più ampio fenomeno di erosione non solo della lingua cantonese, idioma ufficiale della parte sud-orientale della Cina continentale, per la precisione di Hong Kong e Macao, ma anche della cultura locale e delle tradizioni.
Il problema “Pikachu” è solo un motivo in più per incrinare un rapporto sempre più complicato fra Pechino e Hong Kong: soltanto lo scorso anno l’ufficio per l’educazione locale per poco non ha sfiorato la rivoluzione quando propose di togliere al cantonese la qualifica di lingua ufficiale, mentre lo scorso febbraio l’amministrazione ha ricevuto oltre 10mila reclami in pochi giorni dopo aver introdotto i sottotitoli in caratteri semplificati nel corso di un programma televisivo.
Stephen Matthews della locale università, ha spiegato alla BBC: “Credo che la lingua sia forse uno dei fattori più importanti che segnano le differenze di Hong Kong rispetto al resto del Paese è chiarissimo che chi parla mandarino non comprende il cantonese e viceversa”.
L’attivista Sing Leung dell’associazione Civic Passion ha dichiaratO: “Pikachu è presente a Hong Kong da vent’anni, non è solo il personaggio di un gioco o di un fumetto: è la memoria collettiva di una generazione”.